TOLENTINO – Neanche quest’anno la Battaglia di Tolentino potrà essere rievocata causa COVID. Per il secondo anno di seguito la rievocazione storica di quello che viene considerato il primo scontro per l’indipendenza italiana è stata annullata, per buona pace degli appassionati e all’Associazione Tolentino 815 che da tempo immemorabile si impegnava per la sua organizzazione nel primo fine settimana del mese di maggio.
E allora, per non rischiare di dimenticare, cerchiamo comunque di raccontare come sono andate le cose in quel lontano 1815: servirà per apprezzare ancora di più, quanto tornerà la libertà, tutti gli sforzi di ricerca che i Gruppi Storici e le Bande Storiche Militari fanno per garantire uno spettacolo bello ma, soprattutto, aderente alla realtà del periodo Napoleonico.
Ecco allora, come andarono i fatti in quel preciso momento storico.
Il 30 marzo 1815 Gioacchino Murat, re di Napoli, pubblica il Proclama di Rimini, primo manifesto dell’Indipendenza d’Italia; dopo aver occupato Toscana, Marche e Romagna. Ma la superiorità numerica delle forze austriache lo costringono, dopo i primi combattimenti vittoriosi, a ritirarsi lentamente verso sud. La scelta di Tolentino come campo di battaglia è voluta dal Murat in quanto era il punto per dividere con la maggior distanza possibile ed in modo netto (gli Appennini) le due Armate Austriache, quella del maresciallo Bianchi (12.000 uomini) e quella del generale Neipperg (11.000 uomini). L’esercito napoletano ha grossi problemi di approvvigionamento viveri, stanchezza degli uomini e scarsità di mezzi, per una campagna militare lunga ed estenuante.
Il 29 aprile si avvertono già le prime avvisaglie di quello che stava per succedere e cominciano le prime scaramucce. Alle prime ore del mattino, verso nove e mezzo, 47 Ungheresi a cavallo, dopo essere stati accolti a fucilate vicino a Porta Adriana dai circa quaranta Gendarmi Napoletani di guarnigione a Tolentino, conquistano la città e per la sera altri 120 Ungheresi entrano in Tolentino.
Il 30 aprile le armate si sistemano per il conflitto. L’avanguardia Austriaca, formata da 560 Ungheresi a cavallo e 4.000 uomini di fanteria, entra in Tolentino e prepara l’arrivo dell’esercito. L’Armata Napoletana si fortifica in Macerata, dove la sera giunge Re Gioacchino, accolto dall’intero esercito schierato in assetto da Battaglia.
Il 1° maggio le posizioni si assestano. L’Armata Austriaca, forte di circa 12.000 uomini, 1.500 cavalli e 28 cannoni, si accampa in Località Cisterna di Tolentino con Quartier Generale nel Torrione di San Catervo ed avamposti fino al Castello della Rancia (14 pezzi d’artiglieria), presso la Chiesa della Maestà (attuale Cimitero) e San Giuseppe (2.000 uomini con 6 cannoni) per salvaguardare le spalle dell’Esercito da eventuali attacchi provenienti dal settore di San Severino M. e dalla valle del Potenza ed al Tribbio di Pollenza. L’Armata Napoletana, forte di circa 15.000 uomini, 3.800 cavalli e 28 cannoni, era quasi completamente riunita a Macerata, con avamposti all’Osteria di Sforzacosta. Vengono sparati i primi colpi di artiglieria tra i vari avamposti.
Il 2 maggio ha inizio la battaglia vera e propria. Sin dalle prime ore dell’alba inizia un vivissimo fuoco tra le avanguardie lungo la vallata che porta a Sforzacosta.
In queste prime fasi anche il Bianchi viene catturato dai Napoletani e successivamente liberato da uno squadrone di Ussari a Palmareto nei pressi di Sforzacosta. L’esercito Napoletano si attesta a Monte Milone (I’attuale Pollenza) dopo combattimenti presso Villa Lauri ed in prossimità del paese.
I Napoletani arrivano, dopo duri combattimenti, ad occupare il fosso di Cantagallo ed il Caslello della Rancia, dopo averlo per più volte conquistato e perso. I combattimenti cessano all’una di notte e questa giornata è da ritenersi favorevole ai Napoletani. Dopo questo primo giorno di combattimenti il Bianchi decise di impostare una battaglia di difesa, forte delle ottime posizioni sul campo, ma senza tralasciare l’eventualità di una ritirata a Serravalle, già preparata logisticamente.
Il 3 maggio si vive il secondo ed ultimo giorno della battaglia. Le operazioni di avanzata dell’esercito Napoletano subiscono un ritardo a causa della fitta nebbia presente ed iniziano alle 7 di mattino. Nelle prime fasi degli scontri i Napoletani riescono a conquistare le alture di Cantagallo ed a far indietreggiare l’esercito Austriaco nella vallata del Chienti. Il Castello della Rancia fu di nuovo centro di altri cruenti scontri e dopo essere stato perduto e riconquistato dai Napoletani fu il punto di partenza per un’ulteriore offensiva che portò i Napoletani ad occupare il Casone con aspri combattimenti alla baionetta e “puntare così i cannoni su Porta Marina” (ore 11).
Gli Austriaci, situati sulle alture ed in assetto difensivo, erano in posizione dominante rispetto ai napoletani, i quali decisero di avanzare in quadrati (carrè). Tale decisione fu sicuramente negativa per il prosieguo della battaglia, perché, causa la lentezza dell’avanzata e il non supporto della cavalleria, permise agli Austriaci di vincere importanti scontri e di centrare con il fuoco dell’artiglieria i quadrati Napoletani, che si videro costretti a ripiegare verso Monte Milone. Le sorti della battaglia erano tutte da decidere e sul campo la situazione ancora favorevole alle truppe murattiane le quali però, causa l’arresto dell’avanzata ed il successivo ripiegamento su Monte Milone, erano in una situazione particolarmente negativa, sia per il morale che strategicamente. In questo cruciale momento della battaglia giunsero al Murat due dispacci che comunicavano uno la veloce avanzata dell’Armata Austriaca guidata dal Conte Niepperg, non contrastata dalla divisione del Carrascosa e l’altro gravi notizie sulla situazione interna del Napoletano e dell’Abruzzo.
Queste notizie costringevano il Murat a prendere la decisione della ritirata in battaglia, anziché il rischio di essere preso fra due fuochi e l’impossibilità di raggiungere successivamente Napoli. Tale decisione mise fine alla battaglia sul campo e forse ai primi sogni di una Indipendenza Italiana. Rimasero sul campo 1.120 napoletani e 700 austriaci.

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