Prosegue con nuovi appuntamenti il cartellone della 54sima Stagione Lirica del Teatro Pergolesi, nel ricordo del M° Carlo Pierucci, il direttore artistico grazie al quale nel 1968 Jesi ottenne il riconoscimento ministeriale di “Teatro di Tradizione”. Dopo i successi delle opere “Notte per me luminosa” di Marco Betta, e di “Maria de Buenos Aires” di Astor Piazzolla, il programma riparte nella consueta collocazione autunnale, in un viaggio attraverso le forme del teatro musicale, dal ‘700 ai giorni nostri.
Sabato 23 ottobre ore 20,30 e domenica 24 ottobre ore 16 con anteprima giovani giovedì 21 ottobre ore 16, al Teatro Pergolesi, in cartellone è l’intermezzo più celebre del compositore jesino Giovanni Battista Pergolesi, “La serva padrona” (1733), in dittico con “The telephone” scritto nel 1947 da Gian Carlo Menotti. Due opere che trattano entrambe dell’amore in maniera comica, avvalendosi di un terzo incomodo: il telefono, in Menotti, il servo muto, in Pergolesi. Nel nuovo allestimento e nuova produzione della Fondazione Pergolesi Spontini in coproduzione con Ente Concerti “Marialisa de Carolis” Sassari, il direttore è Flavio Emilio Scogna sul podio della FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana, la regia e le scene sono di Jacopo Fo, luci di Marco Scattolini, aiuto regia Matteo Mazzoni. In scena, Giulia Bolcato (Lucy/Serpina), Filippo Polinelli (Ben/Uberto), Mario Pirovano (Vespone, servo muto). Sponsor della serata è P.S. Medical Center e Trevalli Cooperlat (educational partner).
Intermezzo buffo di Giovanni Battista Pergolesi, La serva padrona venne rappresentata per la prima volta al Teatro San Bartolomeo di Napoli nel 1733, accanto all’opera seria Il prigionier superbo, dello stesso Pergolesi. Narra la vicenda di Serpina, furba serva di un nobile anziano, Uberto, che con uno stratagemma riesce a farsi sposare e mutare quindi, come da titolo, la propria condizione.
Commedia in un atto solo, di cui Gian Carlo Menotti è autore sia della musica che del libretto, The telephone, or L’amour à trois (1947) debutta per la prima volta al Teatro Pergolesi di Jesi, nell’originale versione in lingua inglese andata in scena per la prima volta all’Heckscher Theater di New York. Ben vuole chiedere a Lucy di sposarlo e va a trovarla in casa, ma lei è sempre impegnata in estenuanti conversazioni telefoniche. L’unico modo che l’uomo avrà per raggiungere il suo amore è proprio al telefono, chiamandola però da una cabina esterna.
Nella messa in scena, spiega Jacopo Fo, “The Telephone e La Serva Padrona sono due divertissement. Ho pensato che avrebbe aumentato il divertimento inserire giochi di contrappunto. L’idea mi è venuta riflettendo sul ruolo del Servo Muto nella Serva Padrona. Seguendo le strane associazioni che la mente ci propone mi sono ricordato di quello che in gergo teatrale si chiama il contrasto. Arci famoso e antichissimo quello tra il Clown Bianco, algido e serioso, e il Clown Rosso, caciarone, che lo disturba suonando la tromba. Mi sono chiesto: e se il Servo Muto fosse una sorta di Clown Rosso, un po’ sabotatore e un po’ complice. E come farebbe a interagire nel diverbio tra la serva e il nobiluomo?”
Mai andato in scena prima al Teatro Pergolesi, debutta sabato 30 ottobre ore 20,30 e domenica 31 ottobre ore 16 “Il castello del principe Barbablù” di Béla Bartók, opera in un atto del 1918, con la direzione di Marco Alibrando sul podio dell’Orchestra Coccia di Novara, la regia di Deda Cristina Colonna, le scene ed i costumi di Matteo Capobianco. Suona l’Ensemble del Teatro Coccia Novara, in scena Andrea Mastroni (il duca Barbablù) e Mary Elizabeth Williams (Judith, sua moglie). Nel prologo sono Giuditta Pascucci e Carolina Rapillo. Nuova la produzione, in coproduzione con Fondazione Teatro Coccia di Novara. La partitura originale sarà riorchestrata per un organico di 20 elementi, sotto la supervisione del M° Marco Taralli, mantenendosi però fedele all’originale.
A kékszakàllù Herceg vara (Il castello del principe Barbablù) opera in un atto su libretto di Béla Balàzs composta nel 1911, rappresenta uno dei capolavori della prima maturità di Bartòk. Influenzato soprattutto dall’impressionismo e in parte dall’espressionismo allora alle sue prima manifestazioni, Il castello del principe Barbablù presenta già uno dei motivi poetici più profondi di Bartòk: quello del mistero. Qui ad essere misterioso, insondabile, è l’animo umano, simboleggiato dal sinistro castello di Barbablù. Nella visione della regista Cristina Deda Colonna, diventa un’esplorazione del conflitto tra mondo maschile e femminile rappresentato dai due personaggi, il duca Barbablù e Judith. “Nell’opera – spiega – sento emergere la dannazione del protagonista, costretto dall’instancabile curiosità di una Judith sorda alle sue richieste dentro uno spazio emotivo che va riducendosi progressivamente, fino ad implodere nell’ineluttabilità della sua adesione ad una identità senza sorprese, senza salvezza, senza scelta”.
Sabato 20 novembre ore 20,30 e domenica 21 novembre ore 16, con anteprima riservata ai giovani giovedì 18 novembre ore 16, va in scena al Teatro Pergolesi, in una nuova produzione, il dittico “Il segreto di Susanna”, intermezzo in un atto di Ermanno Wolf-Ferrari, su libretto di Enrico Golisciani, rappresentato per la prima volta nel 1909, e “La scuola di guida”, idillio musicale di Nino Rota su libretto di Mario Soldati, del 1959. Gabriele Bonolis dirige il Time Machine Ensemble, la regia è di Alessio Pizzech, light designer è Nevio Cavina. Le scene sono di Bianca Piacentini ed i costumi di Cristiana Attorrese, vincitrici della I edizione del “Concorso per scenografi e costumisti” dedicato a Josef Svoboda aperto a neo diplomati delle Accademie di Belle Arti di Macerata e Bologna: una nuova modalità per valorizzare i giovani creativi. Nel cast de “La scuola di guida” sono Solodkyy Vasyl e Angela Nisi, per “Il segreto di Susanna” cantano Salvatore Grigoli e Angela Nisi con il servo muto interpretato da Salvo Pappalardo.
Il segreto di Susanna, opera dell’italo-tedesco Wolf-Ferrari composta nel 1909, mette in scena con leggerezza, ironia ed eleganza un vero e proprio elogio della sigaretta, oggetto, passatempo o vizio, come lo si voglia chiamare. Nell’intermezzo diventa una sorta di deus ex machina che fa il suo dovere per risolvere una situazione apparentemente senza via d’uscita: dopo avere inconsapevolmente minacciato la pax coniugale di una giovane coppia piemontese piccolo borghese, la sigaretta si trasforma in uno strumento di riappacificazione e di ritrovata felicità.

Il breve idillio musicale “La scuola di guida” su testo di Mario Soldati, fu commissionato da Giancarlo Menotti per il Festival dei Due Mondi di Spoleto, dove fu rappresentato nel 1959 con la regia di Franco Zeffirelli. Rota e Soldati erano amici da molti anni, avendo già lavorato insieme a vari film, e questo propiziò il felice risultato della brevissima opera. L’azione si svolge all’interno di un’automobile con due soli personaggi, Lui e Lei. Lui sta dando la prima lezione di guida a Lei, romantica signora che ha deciso di imparare a guidare esclusivamente per conoscere colui che le fa battere il cuore.
Gran finale sotto il segno della danza, sabato 18 dicembre ore 21, con “Soirée Russe. Omaggio a Diaghilev e Nijinsky” della Compagnia Daniele Cipriani.

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