L’invenzione dello spumante è attribuita a un monaco benedettino francese, tale Pierre Pérignon universalmente conosciuto come dom Pérignon, che intorno al 1680 avrebbe pensato il famoso “metodo classico” o “méthode champenoise” riferita alla produzione dello Champagne. In realtà, non esiste nessuna documentazione di quella che, nell’immaginario collettivo è diventata a torto una verità storica. In effetti, sembra che oltre a un’indubbia conoscenza dei vitigni, l’unico merito del monaco sia stato quello di aver pensato a utilizzare il sughero per tappare le bottiglie (prima di questa trovata, si utilizzavano stoppa e cera).
Per trovare una traccia seria e storicamente provata dei metodi di spumantizzazione, dobbiamo risalire al 1622 e spostarci in Italia, più precisamente nelle Marche, a Fabriano; è lì, infatti, che il medico Francesco Scacchi scrive un libro dove si trovano, tra l’altro, informazioni riguardanti le tecniche di spumantizzazione tradizionali del fabrianese e che quindi anticipano di più di cinquant’anni ciò che era stato attribuito al genio di dom Pérignon. Il titolo del libro è “De salubri potu dissertatio” (Del bere sano) e non parla soltanto di vino ma anche di altre bevande, tra le quali il tè e il sakè, piuttosto rare, misteriose ed esotiche per quei tempi. Il tomo, che consiste di ventidue capitoli, tratta la prassi del bere, raccomandando l’uso migliore delle bevande, dissertando sulla temperatura di consumazione, le conseguenze dell’abuso e vari altri aspetti.
In merito ai vini “mordaci” o “piccanti”, com’erano chiamati gli spumanti, vi sono descritti i procedimenti e le tecniche di produzione. Il libro è rarissimo: ne esistono in tutto una quindicina di copie anastatiche ubicate in alcune delle più importanti biblioteche pubbliche di tutto il mondo (ne esiste un volume anche nella biblioteca comunale di Fabriano) e in mano ad alcuni privati, come la famiglia Lunelli di Trento, titolare della conosciuta cantina Ferrari; ciò testimonia l’importanza e la preziosità di questo capolavoro dell’editoria enologica, che pone indubitabilmente almeno per il momento, le Marche in testa alla classifica sulla paternità della spumantistica.
Nel metodo tradizionale per indurre la rifermentazione in bottiglia, si utilizza la “liquer de tirage” uno sciroppo di vino, zuccheri, sali minerali e lieviti selezionati che consente la presa di spuma, il procedimento che trasforma il vino fermo in spumante. Il metodo Scacchi invece per l’innesco della rifermentazione, utilizza gli zuccheri del mosto di vino base; ciò esalta le proprietà organolettiche dell’uva valorizzandone gli aromi varietali.
Per salvaguardare questo primato marchigiano è stato realizzato un marchio per la produzione di spumanti fabrianesi “Spumanti Metodo Scacchi ®”. Sotto questa denominazione si aggregano i viticoltori locali rifacentesi alle tradizioni attraverso la rilettura filologica di ciò che Scacchi scrisse e a seguito di un gran lavoro di sperimentazione. I vini “mordaci” così realizzati sono veramente unici: per la loro vinificazione non si utilizzano soltanto l’ormai scontato Chardonnay, il Verdicchio di Matelica o il Sangiovese ma anche varietà d’uva antiche, rustiche e rare come il Petrignone, la Vernaccia nera grossa, il Moscato bastardo e il Vesprino. Trattandosi di piccoli imprenditori che producono poche migliaia di bottiglie, questi vini non si trovano facilmente ma vale la pena degustarli, magari direttamente in cantina, senza tralasciare di visitare Fabriano nel cui centro storico si respirano ancora le atmosfere medievali e rinascimentali.

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