La seconda puntata dell’emergenza COVID-19 porta con sé, oltre alle vittime in senso stretto della pandemia, anche il pericolo di perdere completamente interesse per le relazioni sociali e una evidente e certa crisi economica con pochi precedenti.
Uno dei “rimedi” che diverse realtà stanno cercando di promuovere è rappresentato dai circuiti di “monete complementari” (da non confondere con le monete elettroniche tipo bitcoin) che, in qualche modo, cercano di rispondere ad entrambe le questioni collaterali all’emergenza. In quanto “circuiti” infatti, quelli delle monete complementare mettono in atto in qualche modo delle strategie simili a quelle delle cooperative. Aziende, commercianti e consumatori possono tutti far parte di uno stesso circuito e ognuno seguendo le regole dedicate, mette in modo un circolo virtuoso che, almeno così sembrerebbe, porta vantaggi a tutti.
Le imprese per esempio possono accedere con cifre davvero ragionevoli in euro ed in cambio possono ottenere “scoperti” di conto importanti da utilizzare all’interno del circuito riuscendo a tamponare momenti di difficoltà creati magari da una semplice mancanza di liquidità della moneta corrente. I privati posso aprire il loro “conto” con una quota di solito davvero irrisoria in euro che viene quasi sempre abbondantemente recuperata in moneta complementare fin dal primo accesso e spesso ricevono un “bonus” interessante ogni volta che ricaricano il conto, aumentando così la capacità di spesa.
In alcuni circuiti è anche possibile “convertire”, se pure non totalmente, la moneta complementare in moneta corrente.
Certo che la cosa migliore sarebbe che l’iniziativa di emettere questo tipo di moneta fosse presa direttamente dalle pubbliche amministrazioni che potrebbero utilizzarla per anticipare i pagamenti ai loro fornitori, per riscuotere alcuni tributi dai privati e per creare una sorta di circuito territoriale all’interno del circuito che li ospita. Insomma, come accadde diversi anni fa con l’esperimento, di breve durata ma ben riuscito, della moneta “Simec” nel comune di Guardiagrele che dimostrò come cittadini possono per semplice convenzione creare il valore della moneta locale senza alcun intervento né dello Stato né del sistema bancario. Insomma, un po’ come succede del Monopoli. In fondo la moneta complementare si basa sul principio del baratto, la più elementare forma di scambio nata nell’antichità per garantire lo scambio di beni o servizi senza l’utilizzo della moneta.
Tutto questo funziona se sono rispettate certe regole e certi parametri. Partendo innanzitutto dal concetto assodato che quella complementare è una moneta NON a debito, per funzionare deve essere cumulabile, convertibile, avere un cambio di uno a uno con la moneta corrente ufficiale. Se questi, e magari altri, requisiti ci sono allora, pur non risolvendo la drammatica crisi che stiamo vivendo, un buon circuito di compensazione di questo genere, potrebbe dare davvero un po’ di ossigeno ad aziende e famiglie.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here