«Mai dare per scontati i diritti conquistati dalle donne. C’è sempre qualcuno o qualcuna pronta a metterli in discussione. Oggi è il turno dell’assessora regionale Latini, nelle Marche, che vuole porre in giunta il tema dell’aborto a cui si dice contraria».
Con queste parole Laura Boldrini (PD) è intervenuta sulla questione delle modalità di accesso della pillola abortiva e sulle decisioni della Giunta Regionale delle Marche.
“Le donne nelle Marche non staranno a guardare – prosegue l’intervento della Boldrini – mentre la destra minaccia la loro autodeterminazione e la loro salute. Difenderemo i nostri diritti, chiedendo invece che sia garantita, soprattutto ora in fase di emergenza sanitaria, la possibilità dell’aborto farmacologico che l’assessora Latini vorrebbe cancellare. È mai possibile – conclude – nel 2020, continuare a fare politica sul corpo e sulla salute delle donne?»
Questo intervento meriterebbe una miriade di considerazioni etiche e politiche che non si esauriscono certo nelle righe che seguiranno. Pensiamo che però alcune riflessioni siano importanti da sottolineare.
Ad esempio ci piace far notare che in campo medico, in gravidanza, non si distinguono i vari stadi del nascituro, ma si parla di “momento del concepimento” inteso come “… il momento in cui nasce un nuovo essere, dotato di un patrimonio genetico che si manterrà uguale a se stesso lungo tutto il corso del suo sviluppo futuro e che modellerà tale sviluppo secondo un programma stabilito dall’inizio”. (CATTORINI, Bioetica – Metodo ed elementi di base per affrontare problemi clinici, 1996). E questo ci fa già ben capire come per tutelare i cosiddetti “diritti” di una donna si vadano in realtà a ledere quelli di un individuo che ha già una sua identità autonoma al quale viene, di fatto, impedito di venire al mondo. Poi ognuno chiami questa scelta come meglio crede: lui, nella sua meravigliosa unicità non potrà mai portare avanti il suo progetto di vita.
E poi vorremmo anche ricordare alla signora Boldrini che alle scorse elezioni regionali i marchigiani, e le donne aventi diritto sono il 51% del corpo elettorale, hanno deciso chiaramente chi sostenere e che quindi parlare di “donne marchigiane” in senso generalizzato, è quanto meno un grosso scivolone: parli per quelle della sua parte e non per quelle che invece ritengono la dignità e i diritti del “nascituro” pari a quelli della madre. Parli per quelle che vedono un figlio come un “ostacolo” ai loro progetti e non per quelle che lo vedono come un meraviglioso miracolo. Parli per quelle che quando si accorgono di essere incinta pensano ad un grumo di cellule che si può facilmente eliminare ma non per quelle che alla notizia che stanno per diventare madri darebbero già la loro vita per quella bambino. Perché, potete fare e dire quello che volete, di un bambino si tratta.
Per quanto riguarda i diritti delle donne invece ci piace fare nostra la dichiarazione di Emmanuele Di Leo, presidente della Steadfast Onlus: «La Boldrini va all’attacco nelle Marche – dice Di Leo – e strumentalizzando la causa femminista, prova a fare becera propaganda. Per il caso RU486 afferma che la maggioranza di destra stia scardinando l’autodeterminazione delle donne. Parla di misoginia e razzismo e afferma di essere pronta “ancora una volta” a difendere i diritti delle donne contro la destra. Cara Boldrini ma dove sta – prosegue il comunicato – quando i diritti delle donne vengono violati da barbare pratiche, che lei appoggia pienamente, come la maternità surrogata?! Pratiche misogine, che violano la dignità della donna, che sfruttano il suo corpo per un business molto fruttuoso. Dove sta quando il sesso viene messo in discussione e diventa un concetto antropologico, vedendo la figura femminile schernita ed etichettata come Terf?! E ora fa la femminista?!! Una becera propaganda la sua, che nuovamente – conclude Di leo – torna a sottolineare la totale strumentalizzazione della donna da parte di una sinistra trasformista, orientata solo ad interessi meramente economici.»
E, concludiamo noi, l’atteggiamento della Boldrini e di tutti quelli della sua parte politica, ci sembra impregnato della più grande ipocrisia. Non sarebbe meglio allora, dire la verità senza peli sulla lingua come fece Natalia Ginzburg sul Corriere della Sera del 7/2/1975: «Trovo ipocrita affermare che abortire non è uccidere. Abortire è uccidere. Il diritto di abortire deve essere l’unico diritto di uccidere che la gente deve chiedere alla legge».

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