Dopo la vicina Spagna, anche il Portogallo ha presentato un disegno di legge sulla legalizzazione dell’eutanasia.
Il progetto di legge attualmente in discussione è il risultato di cinque disegni normativi sulla legalizzazione dell’eutanasia approvati il 20 febbraio scorso dall’Assemblea della Repubblica. Le cinque proposte sono state poi unificate dalla deputata del Partito socialista, Isabel Moreira, in un unico documento che ora verrà sottoposto al voto complessivo del Parlamento. Se approvato, il disegno di legge verrà invitato al Presidente della Repubblica che avrà tre opzioni: emanarlo, porvi il veto e quindi rinviarlo all’Assemblea perché confermi il voto, oppure inviarlo alla Corte Costituzionale perché si pronunci su di esso.
A differenza della vicina Spagna, dove il 70% è a favore dell’eutanasia, in Portogallo l’opinione pubblica è divisa. Il 50,5% è a favore, oltre il 25% è contrario e il restante 23,9% è indeciso.
Il parlamento portoghese aveva già votato contro l’eutanasia nel 2018, ma dopo le elezioni del 2019 il Partito Socialista (PS), il Bloco de Esquerda, il partito animalista (PAN), Verdi e Iniziativa Liberale, avevano accresciuto la loro presenza in Parlamento a discapito dei socialdemocratici, dei democratici cristiani e dei comunisti.
Le varie proposte ricalcano le legislazioni in vigore in Belgio e nei Paesi Bassi: l’#eutanasia e il #suicidioassistito sono consentiti per vari e molto vaghi motivi, tali da spalancare le porte agli (ulteriori) eccessi che quotidianamente vengono applicati nei suddetti Paesi. Notizia già riportata, il caso olandese di una donna “stanca di vivere” a cui i medici hanno consigliato, invece dell’aiuto che lei si aspettava, l’eutanasia.
Il processo legislativo portoghese può essere interrotto solo con la presentazione della richiesta di referendum, per la quale si stanno impegnando tutte le associazioni pro vita e moltissimi leader e personalità religiose del Paese lusitano, che marceranno uniti per contrastare questa deriva mortifera, sperando di convogliare, su un referendum di iniziativa popolare, le 60mila firme necessarie per bloccare l’iter legislativo.
Il 21 ottobre, il vescovo ausiliare di Braga, Monsignor Nuno Almeida, aveva scritto una lettera aperta al Parlamento chiedendogli di fermare i progetti di legalizzazione dell’eutanasia. “Unisco la mia voce e la mia indignazione a quella di chi si chiede come sia possibile che, in un momento in cui la pandemia da Covid-19 continua a diffondersi, il Parlamento portoghese discuta di eutanasia”. Al contrario, bisogna “fare tutto il possibile” per fornire “risposte adeguate ai malati terminali”, ovvero “il sollievo dalle sofferenze fisiche e psicologiche” possibile grazie alle cure palliative, al supporto spirituale e al sostegno affettivo di familiari ed amici.
Sulla stessa linea anche l’Associazione dei medici cattolici portoghesi (Amcp) che, in una dichiarazione, ribadisce la sua “assoluta opposizione a qualsiasi forma di eutanasia” e chiede al Presidente della Repubblica, di “porre il veto a qualsiasi legge che depenalizzi” tale pratica nel Paese. Essa, infatti, “non è mai stata e non sarà mai un atto medico: i principi della medicina, basati sulla diagnosi e la cura delle malattie, escludono la pratica dell’eutanasia e del suicidio assistito. Il medico, così come non possiede la vita del malato, non possiede la sua morte”.
La proposta di richiesta di referendum, lanciata dalla “Federazione per la vita” (Fpv) aveva raccolto oltre 95mila firme, ma il 23 ottobre il Parlamento del Portogallo l’ha respinta.
“Il diritto alla vita, così come altri diritti umani fondamentali è espressione del valore oggettivo della dignità umana” ed è “importante ricordare che la legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito non è un progresso della civiltà, ma piuttosto un passo indietro”. Il vero “progresso dell’umanità”, infatti, è stato quello di “creare leggi e norme che difendano la vita umana e impediscano ai più forti di esercitare il loro potere sui più deboli, attraverso ad esempio l’abolizione dell’infanticidio, della schiavitù, della tortura e della discriminazione razziale. Una società sarà tanto più giusta e fraterna quanto meglio tratterà e si prenderà cura dei suoi membri più vulnerabili”.

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