“È stata una magnifica occasione per mettere in luce un altro grande italiano e, con lui, la regione dalla quale proviene”. È il ringraziamento che il console generale d’Italia a Chongqing, Guido Bilancini, ha rivolto al presidente Francesco Acquaroli. Nei giorni scorsi, il governatore ha inviato un video messaggio di saluto alla municipalità cinese in occasione delle celebrazioni del 350° anniversario dalla nascita di Teodoro Pedrini. Nato a Fermo nel 1671 e deceduto a Pechino nel 1744, è stato un musicista, sacerdote e il missionario italiano che ha aperto al culto la Chiesa cattolica di Xitang. La citta di Chongqing, alla confluenza dei fiumi Azzurro e Jialing, nel sud-ovest della Cina, lo ha ricordato con un concerto (con tre sonate del Pedrini), un’esposizione fotografica sui paesaggi marchigiani, una degustazione di vini marchigiani. “Musica e cultura sono un ponte che avvicinano i popoli e favoriscono le relazioni di amicizia. Italia e Cina vantano rapporti consolidati da secoli di reciproca stima, favoriti da illustre e coraggiose personalità che hanno saputo fondere le due culture senza comprometterne l’identità”, il senso del messaggio rivolto dal presidente alle autorità e al pubblico cinese intervenuto alla manifestazione. Acquaroli, in particolare, ha evidenziato come la manifestazione rappresenti “un gesto importante che rafforza la stima e l’amicizia delle Marche nei confronti della Cina. L’auspicio è che da questa celebrazione possa nascere un rapporto di collaborazione, di conoscenza reciproca e di maggiore approfondimento di quello che noi possiamo rappresentare per Chongqing e Chongqing per noi, nel nome del nostro concittadino Pedrini, che è parte della cultura, della storia e della nostra civiltà”.
Teodorico Pedrini fu battezzato, con il nome di Paolo Filippo Teodorico, il 6 luglio 1671 nella parrocchia di San Michele Arcangelo, a Fermo. Il padre, Giovanni Francesco Pedrini, fu il principale notaio a Fermo negli anni tra il 1669 e l’anno della sua morte, avvenuta nel 1707. Era nato a Servigliano il 5 febbraio 1630, ed aveva esercitato dal 1656 i primi due anni di attività notarile nel suo paese, cui seguirono circa dieci anni come cancelliere presso l’Uditore di Camera a Roma; sposò, il 23 gennaio 1670, Nicolosa Piccioni, nata a Fermo il 14 marzo 1650, figlia di un altro notaio, Giovanni Francesco Piccioni da Altidona. Pedrini è stato il prozìo del cardinale Domenico Spinucci. Teodorico prese la Tonsura nel 1687 e gli Ordini minori nel 1690 a Fermo. Frequentò l’Università di Fermo, laureandosi in Utroque Iure il 26 giugno 1692.
Dal 16 novembre 1692 al 7 agosto 1697 fu convittore nel Collegio Piceno in Roma, oggi sede del Pio Sodalizio dei Piceni. Nel 1696 viene registrata la sua adesione all’Accademia dell’Arcadia, ove assume il nome di Dioro Taumasio.
Nel dicembre 1697 ricevette il suddiaconato e nel marzo 1698 fu ordinato dapprima diacono e due settimane dopo – la notte di Pasqua (29 marzo) – presbitero nella Basilica di San Giovanni in Laterano in Roma. Nel frattempo il 23 febbraio 1698 aveva aderito alla Congregazione della Missione di San Vincenzo de’ Paoli (Vincenziani o Lazzaristi), e nel giugno dello stesso anno entrò a far parte della comunità lazzarista presso il complesso dei Santi Giovanni e Paolo al Celio in Roma, ove rimase fino al gennaio 1702, quando partì per la missione di Cina come inviato da Propaganda Fide, dopo aver incontrato papa Clemente XI, l’urbinate Giovanni Francesco Albani.
Il suo viaggio, iniziato da Roma il 12 gennaio 1702, fu lunghissimo, attraverso la via francigena, fino a Siena e Livorno, quindi per nave a Tolone, e poi a Parigi, dove era nunzio l’arcivescovo Filippo Antonio Gualterio. Benché selezionato per far parte della prima legazione papale del Patriarca Carlo Tommaso Maillard de Tournon, non riuscì ad incontrarlo e, dopo un anno e mezzo di permanenza a Parigi[, il 26 dicembre 1703 partì con altri missionari da Saint-Malo su una nave francese diretta nell’America del sud, arrivando in Perù, dove fu bloccato per più di un anno[5]. Arrivò in Messico nel 1705 e da lì nel 1707 riuscì a salpare da Acapulco sul Galeone di Manila[6], toccando le Isole Marianne con destinazione finale alle Isole Filippine, dove rimase, suo malgrado, per altri due anni. Dopo essersi riunito nel porto di Mariveles con alcuni missionari di Propaganda Fide, tra cui Matteo Ripa, giunse con loro a Macao nel gennaio 1710, appena in tempo per assistere alla morte di Tournon (8 giugno 1710), e da lì, su designazione dello stesso Tournon – che rispondeva alla richiesta dell’imperatore Kangxi di avere persone abili nella musica a corte – a Pechino nel febbraio 1711.
Appena arrivato, fu subito ammesso alla corte imperiale in qualità di musicista, insieme al sacerdote Matteo Ripa in qualità di pittore ed incisore.
Durante il periodo in cui Pedrini frequentò la corte, dal 1711 sino al marzo 1721, fu incaricato da Kangxi di insegnare musica all’imperatore stesso e ad alcuni dei suoi numerosissimi figli. Diventando precettore dei figli dell’imperatore, Pedrini acquisì grandi favori a corte ed il diritto di fregiarsi del titolo di docente presso la corte imperiale. Pedrini si occupò anche della costruzione e del restauro di strumenti musicali dell’Imperatore.
Fu il primo missionario occidentale a parlare all’imperatore Kangxi del contenuto dei decreti papali in materia di riti cinesi; le sue relazioni riferiscono a Roma la reazione di pacifica tolleranza da parte di Kangxi verso le decisioni papali; questo gli procurò l’ostilità dei missionari gesuiti, che erano contrari a tali decreti. Questa divergenza di vedute fu il filo conduttore di tutta l’esperienza missionaria di Pedrini, che lo portò, tra alterne vicende, al drammatico episodio del 1721, quando, al termine della seconda legazione papale guidata da monsignor Carlo Ambrogio Mezzabarba, si rifiutò di firmare la relazione sugli eventi chiamata Diarium Mandarinorum, e fu per questo punito dall’imperatore e successivamente rinchiuso fino al 1723, nella casa dei gesuiti francesi di Pechino. La custodia forzata di Pedrini, che si concluse per l’intervento del nuovo imperatore Yongzheng nel febbraio 1723, fu causa di accese polemiche anche a Roma, negli anni a seguire, fino al 1730; polemiche che precedettero la definitiva condanna dei riti confuciani promulgata dalla Santa sede nel 1742.
Verso la fine della sua vita Pedrini si riconciliò con i missionari gesuiti, senza mai rinnegare i principi di fedeltà alla Santa Sede, che gli avevano procurato tante avversità negli anni ’10 e ’20. Teodorico Pedrini morì, senza aver mai fatto ritorno in Italia, alle 3 di notte del 10 dicembre 1746 nella sua residenza di Xitang e fu sepolto a Pechino, nel cimitero di Propaganda Fide, a spese dell’imperatore Qianlong.
La sua stele funeraria, presente a Pechino fino alla metà del secolo scorso, oggi non esiste più.

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